Gioco: un’introduzione. Piccolo manuale di bricconerie e altre possibili rivoluzioni
a cura di Genealogie del Futuro
Inferno e paradiso
un progetto ludico a cura di Genealogie del Futuro e collettivo scafandra
Piero Gilardi: pratiche di gioco per immaginare nuove forme di comunanza
di Costanza Mazzucchelli
di Giacomo Giannantonio
Nella storia recente, le filosofie sul modo in cui lə bambinə e lə adultə giocano negli spazi pubblici sono cambiate drasticamente, così come si sono trasformati la società e il mondo in cui viviamo: dal giocare con chiodi, legno e fuoco nel fango all’imposizione di severe regole sulla sicurezza negli spazi pubblici.
In molti Paesi, la progettazione dei parchi giochi è guidata più dalla ricerca della sicurezza che dal riconoscimento dei benefici del gioco per lo sviluppo. Mentre le strategie di minimizzazione del rischio diventano più rigorose, moltə ricercatorə e operatorə si chiedono se in questo contesto lə bambinə possano ancora fare esperienze di gioco stimolanti.
Dal punto di vista deə bambinə, sperimentare il gioco solamente in un ambiente standardizzato può essere limitante, poiché il più delle volte consente un numero fisso di attività e non stimola l’agency intrinseca che caratterizza il gioco libero.
Questo rifiuto del caos e del pericolo può limitare la crescita deə bambinə perché impedisce loro di confrontarsi con il rischio, la responsabilità e, occasionalmente, il dolore: aspetti della vita che devono essere affrontati e sperimentati.
Negli ultimi mesi ho esplorato le forme di gioco libero negli spazi pubblici e ho sviluppato il progetto di ricerca Playgrounding in Bruxelles: how shape defines play.
Nell’ambito di questo progetto, ho intervistato Maarten Weyns e Omar Kashmiry, architetti di Bruxelles che collaborano come Meow Collective dal 2021.
Il duo mira a democratizzare la creazione di spazi pubblici impegnandosi attivamente con le comunità locali per co-creare luoghi inclusivi e dinamici.
L’intervista parla delle origini del duo e dello sviluppo di un Adventure Playground chiamato YALLA!PLAY! realizzato presso Parc Ouest di Bruxelles.
Giacomo Giannantonio: Come avete iniziato a lavorare insieme e cosa vi ha portato a progettare parchi giochi?
Maarten Weyns: Passavamo molto tempo in strada, soprattutto nel quartiere nord di Bruxelles, un quartiere demograficamente denso dove c’è molto attrito sociale e spaziale. Abbiamo iniziato riflettendo sul concetto di playful city, del diritto alla città, del perché lə abitanti della zona raramente hanno potere sul proprio ambiente. Per reagire a questa situazione, nel 2021 abbiamo deciso di realizzare un parco giochi d’avventura presso Parc Maximilien.
Il progetto era una critica al fatto che le città non sono progettate a misura di bambinə, che sono costrettə a giocare in questi ambienti super sicuri che non sono affatto stimolanti.
Omar Kashmiry: Volevamo capire come le persone, soprattutto lə bambinə, interagiscono con l’ambiente urbano. Nel Contrat de quartier durable Héliport-Anvers¹, lə abitanti del quartiere hanno espresso la mancanza di infrastrutture ludiche per lə loro bambinə. Così abbiamo deciso di concentrarci su questo aspetto.
MW: Lə bambinə non sono tenutə a seguire le norme sociali che impongono ordine, decoro e pulizia, abbiamo quindi pensato di creare uno spazio libero all’interno del parco dove potessero costruire il loro mondo.
Ci siamo ispirati all’Emdrup Junk Playground². Al tempo, sociologə e architettə capirono immediatamente che questi parchi giochi avevano un enorme valore pedagogico e non provocavano più incidenti rispetto ai parchi giochi “sicuri”. Lə bambinə hanno così la possibilità di giocare liberamente, ricevono fiducia, responsabilità e autonomia.
In seguito, abbiamo iniziato il nostro progetto. Abbiamo lavorato con lə bambinə attraverso disegni e modelli, chiedendo cosa significasse per loro giocare. Contemporaneamente ci siamo confrontati con i genitori, chiedendo quali fossero i loro ricordi preferiti di gioco da bambinə. Dopo aver raccolto tutti gli input, abbiamo cercato di tradurre letteralmente le loro idee in elementi costruiti. Naturalmente alcune idee non erano realizzabili, ma la magia stava nel capire il loro significato. Lasciare che lə bambinə esprimano i propri desideri e poi trasformare le loro idee in qualcosa di reale, è più prezioso che scegliere semplicemente gli elementi di design “giusti”.
OK: Il nostro ruolo è passato da architetti a progettisti di domande. Se dicevano di volere una tenda, cosa significava? Se volevano una scala, cosa simboleggiava? Sembra un luogo comune, ma il processo è stato il vero risultato. Ha davvero cambiato la nostra prospettiva su tutti i progetti che abbiamo realizzato da allora, mettendo in discussione il nostro ruolo di architetti.
Nel 2023 abbiamo visitato Terrain d’Aventure du Péri a Liegi. Siamo andati a fare un’escursione e la prima cosa che abbiamo visto sono statə due bambinə che correvano con dei bastoni infuocati, colpendosi a vicenda, sotto l’osservazione di una playworker³ che se ne stava lì, sorridendo. Il fuoco ha una funzione molto pedagogica. È pericoloso e può fare male, ma il fatto di poter accendere un fuoco senza che un adulto accorra automaticamente e lə sgridi insegna loro la responsabilità. Cominciano a prendersi cura anche deə bambinə più piccolə, dicendo loro: «Non toccarlo, o ti brucerai».
Il nostro obiettivo era quello di realizzare un progetto simile a Bruxelles, dove lə ragazzə potessero avere lo stesso tipo di libertà. Grazie alla collaborazione con Kobe Lootens, Lisa Matthys e Yannick Roels, abbiamo iniziato a progettare YALLA!PLAY!.
MW: Avevamo già realizzato dei progetti con la sovvenzione di Playcation⁴ e siamo entrati subito in contatto con Toestand VZW⁵. In qualche modo, siamo venuti a sapere che stavano cercando progetti da realizzare presso Parc Ouest. Sembrava il posto perfetto: si trova a Molenbeek, un’area densamente popolata con poche strutture per lə bambinə.
La prima sfida è stata quella di convincere tuttə della filosofia che sta alla base dell’Adventure Playground: l’accesso a strumenti di lavoro e materiali da costruzione e la libertà di non dover seguire tutte le consuete norme di sicurezza imposte dai parchi giochi istituzionali. La recinzione che dovevamo realizzare per motivi legali è diventata un punto di partenza.
La barriera è una parte cruciale di un parco giochi d’avventura perché al suo interno lə bambinə creano il loro mondo. Non è solo una struttura di sicurezza, lascia fuori il mondo esterno e le sue regole.
Inoltre è necessaria la presenza di uno spazio dove riporre gli attrezzi e un banco da lavoro dove lə bambinə possono imparare le basi d’utilizzo, prima di giocare con le attrezzature pesanti.
OK: Abbiamo deciso che il nostro ruolo era quello di assicurarci che tutto fosse al suo posto, lasciando che lə bambinə si mettessero all’opera e costruissero il loro parco giochi.
GG: L’elemento della recinzione è controverso. Sto realizzando una serie di osservazioni presso Parc des Brigittines⁶ degli aspetti più interessanti della nuova area giochi è l’assenza di barriere. Capita che i genitori si presentino e si uniscano al gioco, oppure che un gruppo di adolescenti passi di lì, veda la parete da arrampicata e cominci a scalare. Non ci sono recinzioni o cartelli e lo spazio è aperto a tuttə lə bambinə, incoraggiando una dinamica intergenerazionale.
MW: Brigittines è un ottimo esempio di parco giochi. È attraente, sicuro, funziona bene ed è anche intergenerazionale. Ma credo che la differenza con un parco d’avventura sia che, come dici tu, lə bambinə partono da zero e costruiscono tutto da solə. Sia nei parchi giochi istituzionali che in quelli d’avventura lə bambinə giocano, ma credo che il gioco in un parco giochi d’avventura derivi dal desiderio primordiale di impilare, colpire, rompere e ricostruire: azioni raramente stimolate in un parco giochi standard.
GG: Nel contesto del parco giochi istituzionale, lə bambinə è certamente più passivə nelle scelte, non agisce come attorə attivə.
OK: La differenza principale tra un Adventure Playground e un parco giochi standard è che il primo permette di prendere decisioni e plasmare l’ambiente, creando quello che vogliono. C’è un’enorme differenza tra giocare con un’architettura esistente e crearla da sé.
MW: È proprio questo il punto che cerchiamo di evidenziare: la possibilità di agire e di vedere i risultati finali. Tuttavia, lə bambinə cercano spesso di imitare i parchi giochi pubblici. Ma il fatto che possano usare la loro immaginazione, pensarci un po’ su e poi iniziare a costruire nel loro modo unico è importante. Le costruzioni che si vedono realizzare daə bambinə sono bellissime nella loro goffaggine.
Penso che ci sia un linguaggio davvero poetico. È un modo molto puro di cercare di nascondersi, di arrampicarsi o di creare un percorso a ostacoli.
L’elemento del pericolo legato a questo è qualcosa che ci interessa molto. Invece, per lə bambinə, non ha molta importanza: cercano semplicemente di dare forma ai loro desideri e di costruire qualcosa, e lo realizzano insieme, sentendosi estremamente orgogliosə, un aspetto fondamentale. Questa partecipazione dà vita allo spazio, portandolə a tornare ripetutamente per settimane, spintə dalla felicità e dalla soddisfazione per ciò che hanno creato. Credo che questo aggiunga anche un valore sociale, poiché lə bambinə ritrovano lə loro amicə e lə portano in quel luogo, condividendo con loro qualcosa di cui vanno fierə.
¹ Un programma di rivitalizzazione urbana (2021-2025), finanziato dalla Regione di Bruxelles-Capitale, dalla Città di Bruxelles, con l’obiettivo di migliorare l’ambiente di vita del quartiere Héliport-Anvers.
² Parco giochi aperto nel 1943 a Copenaghen. Considerato il primo esempio di Adventure Playground.
³ Una figura necessaria per il funzionamento di un Adventure Playground che si occupa di supervisione e mantenimento dello spazio.
⁵ Toestand è un’organizzazione no profit specializzata nel riuso temporaneo degli spazi.
⁶ Parco giochi nel quartiere Marolles di Bruxelles, rinnovato nel 2023 su progetto dello studio Générale Assemblée d’Architectes.
Giacomo Giannantonio (Reggio Emilia, 1998) è un artista e ricercatore. Dopo aver completato gli studi tra l’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano e l’Università IUAV di Venezia, si è trasferito a Bruxelles, dove ora vive e lavora. Dal 2019 ha partecipato a diverse mostre in Italia e all’estero, tra cui la bipersonale No child left behind presso Dimora Artica (Milano), e il progetto In my nightmare the title was cuteness presentato a Last Tango a Zurigo e Fundaziun Nairs nel 2023.
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